Stagione teatrale passata

STAGIONE TEATRALE 2015 - 2016



dettagli

15, 22 e 29 settembre 2015 ore 18:00
LIBRERIA GALLERIA EINAUDI – MANTOVA

IL PALCOSCENICO DI CARTA
LEGGERE TEATRO AD ALTA VOCE

DOCTOR FAUSTUS

di Christopher Marlowe

25 - 26 - 27 settembre 2015

di Edgarda Ferri

MATILDE & MATHILDA

Regia di Italo Scaietta

Una storia, tre voci che s’intrecciano, sospese in un luogo fuori dallo spazio e dal tempo: la prima voce, quella di Mathilda; la seconda, quella di Matilde; la terza, fuori campo, quella della Storia, con la S maiuscola.
Mathilda Attoni, meglio conosciuta dai posteri come Mathilda di Canossa, è una nobildonna colta e raffinata, ma anche dritta e fiera, “educata come un uomo” a principi come coraggio e lealtà, una donna lucida e determinata, costretta ad essere forte per proteggere la sua vita e la sua dignità; ma è anche il ritratto di una donna con un grande senso della lealtà e del dovere, capace di sacrificarsi, quando necessario, sull’altare della spietata ragion di stato dei suoi uomini: il Papa e l’Imperatore.
Matilde, meglio conosciuta come “la Tilde”, è La Donna del nostro tempo, vittima di una cultura di massa che la vorrebbe ridotta ad una bambola smarrita. Portatrice di un nome “senza storia” e che ha “perso tutto il suo significato”. È una donna fragile, che aspetta un improbabile principe azzurro e un matrimonio fiabesco, con tanto di vestito alla Barbie”.
La voce fuori campo della Storia ripercorre cronologicamente i momenti salienti della vita della Grancontessa.

dal 17 ottobre al 6 dicembre 2015

di Jean-Paul Alègre

LUCI E OMBRE DELLA RIBALTA

7 storie da ridere

Traduzione di Luigi Lunari
Regia di Mario Zolin

L’AUTORE

Jean-Paul Alègre, nato nel 1951 a Perreux-sur-Marne, è tra gli autori più rappresentati in Francia; le sue opere sono state tradotte in più di venticinque lingue e messe in scena in più di quaranta paesi.
Attratto molto presto dal mondo del teatro e dalla scrittura, acquista familiarità con le tecniche dello show americano durante i suoi studi teatrali negli Stati Uniti. Di ritorno in Francia segue il lavoro del Theatre du Soleil, dove ha partecipato alla produzione di alcuni spettacoli. Nel 1970 fonda una sua compagnia che nel 1985 diventa TFA Compagnia Regionale dell’Ile-de-France, per la quale inizia a scrivere commedie che poi verranno rappresentate per tutta la Francia. Nel 2003 vince il premio Prix de Lyon des Auteurs de Thèatre e nel 2004 l’Acadèmie Françoise gli attribuisce il Prix Emile Augier. Nel 2007 è stato nominato Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere; è presidente del Centre des bords de Marne, il grande complesso culturale dell’est parigino. Il suo teatro è oggetto di numerosi studi accademici e i suoi testi sono spesso inclusi in libri di testo e antologie. Tutte le sue commedie sono pubblicate su L’avant-scène théâtre, la più autorevole rivista di teatro in Francia.


L’OPERA

Il testo, pubblicato in Francia nel 1996 e rappresentato per la prima volta l’anno successivo a Friburgo (Germania), ad oggi messo in scena da 250 compagnie per un totale di alcune migliaia di repliche, approda per la prima volta in Italia nel novembre del 2007 tradotto da Luigi Lunari, con il titolo “Luci e ombre della ribalta”.
È una commedia satirica che affronta le assurde situazioni che si possono verificare su un palcoscenico. Si tratta di una raccolta di divertenti vicende che mettono in discussione il mondo del teatro: incontriamo attori alle prese con gli ultimi preparativi prima dello spettacolo, altri che subiscono le bizze e gli isterismi di un regista più che esigente de altri che confondono con disincantata disinvoltura, realtà ed illusione teatrale. Le varie scene sono intervallate da brevi monologhi in cui sono gli stessi oggetti del teatro a parlare: un proiettore, un vecchio sipario, un asse scricchiolante del palcoscenico o un vecchio costume. Con brevi ed esilaranti atti unici, il meta-teatro di Alègre si sussegue a un ritmo vorticoso presentando i diversi personaggi, attori e attrici, presentatori, registi e direttori artistici, e infine anche il pubblico, tutti coinvolti in un tourbillon di scambi di identità o di incomprensioni linguistiche sul mondo dello spettacolo. Insieme a situazioni di “teatro nel teatro”, allo humour e ai giochi di parole, sono esplicitati diversi possibili percorsi in cui i ruoli tra gli attori sono spesso intercambiabili, proprio come può accadere su un palcoscenico, dove cambiamenti di personalità, ribaltamenti di significati e bisticci di parole ci permettono, con molta ironia, di ridere dei teatranti che sono lì a riprodurre loro stessi.
Una divertente e paradossale commedia satirica in cui il pubblico non potrà non sentirsi direttamente coinvolto; tutto questo in un’atmosfera allegra, poetica e demenziale.
Ciò che conta è il palcoscenico, lo spazio sacro in cui l’attore è tenuto a dare il meglio della sua arte, senza ipocrisie né sotterfugi. E alla fine è sempre il pubblico che decide.


NOTE DI REGIA

Con questo allestimento la regia affronta con scene brevi e tocco leggero temi e problemi di spessore del mondo del teatro e dello spettacolo. Presenta alcuni aspetti del ” vissuto dietro le quinte” e mette l’accento sul condizionamento dell’ audience e della pubblicità sulla realizzazione degli spettacoli.
Gli elementi scenici, pochi ed essenziali, si trasformano in funzione dei vari soggetti rappresentati. Il tutto per lasciare spazio alla “parola”! La scena si dilata oltre i limiti del palcoscenico e si allarga agli spettatori che si vogliono coinvolti e partecipi.
Questa rappresentazione offre al nostro pubblico un’ occasione per entrare in contatto con un autore poco noto sul territorio nazionale e ad attori giovani un’interessante opportunità per mettersi in gioco accanto a colleghi di maggiore esperienza.

 

Lunedì 19 e 26 ottobre e
Lunedì 9, 16, 23 e 30 novembre 2015

I Lunedì di Palazzo d’Arco

FANTASMI E... DINTORNI

Letture drammatizzate e messinscene teatrali

1o novembre 2015 ore 17:15

Partecipazione al 47o Festival Nazionale Premio “Angelo Perugini”

L’INCIDENTE

Macerata
Teatro Lauro Rossi

L’OPERA


Sullo spunto della celebre DIE HOSE (Le Mutande) di Carl Sternheim, la commedia sviluppa un intricato procedimento farsesco al cui centro sono una donna, innocente provocatrice, concupita da tutti, e suo marito, un piccolo impiegato di banca, disperatamente teso a far dimenticare al proprio direttore lo spiacevole episodio che potrebbe avere nefasti effetti sulla sua carriera. A scatenare il turbinio smaliziato di provocazioni e tentativi di seduzione è, appunto, “l’incidente” nel quale incorre la procace moglie del piccolo impiegato, che alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede della banca, alla presenza di tutti i dirigenti e delle autorità civili e religiose, perde inopinatamente le... mutande! Per quanto prontamente superato, l’incidente provoca strane curiosità e segrete voglie tra quanti vi hanno assistito. A colorare l’intera commedia si alternano una folta schiera di coloriti personaggi che strapperanno risate e divertimento.
La scoppiettante commedia fu scritta nel 1966 da Luigi Lunari e, seppur da lui considerata un suo "peccato di gioventù", costituisce il suo primo cospicuo successo, tanto da rimanere in cartellone per 103 sere al teatro Odeon di Milano, con l’inverecondo (ma efficace) titolo di PER UN PAIO DI MUTANDINE, con la regia di Carlo Colombo e la straordinaria interpretazione di due mattatori del teatro comico, quali Piero Mazzarella e Tino Scotti.


 


NOTE DELL’AUTORE


“L’INCIDENTE – nel piccolo elenco delle proprie opere che il sottoscritto divulga – viene definito “peccato di gioventù” e, assieme a ER PADRE DE LI SANTI, OVVERO I MONOLOGHI DEL CAZZO (etichettato a sua volta come “peccato di vecchiaia”), costituisce un binomio di cui l’Autore sembrerebbe un poco vergognarsi, e ammetterne l’esistenza a denti stretti e a collo torto. Tuttavia, allentando i denti e raddrizzando il collo, pur con tutte le arie che si dà per le sue opere più note, egli deve ammettere che L’INCIDENTE – per esempio – non è poi così male. È una farsa condotta con notevole abilità, con personaggi ben delineati, colpi di scena ben allocati, un minimo di significato “morale” nella denuncia di un maschilismo imperante, che alla fine soccombe sotto il buon senso, la rettitudine, la concretezza della donna: nel che è uno dei leitmotiv più evidenti del teatro del sottoscritto. Una prova della sua efficace qualità è il fatto che – scritta e varata nel 1966 – è a tutt’oggi in circolazione, e sembra anzi godere (2014) di una sorta di revival: è stata tradotta in russo, è andata in scena in Romania, sta per andare in scena in Albania, è programmata per la prossima stagione della gloriosa Campogalliani di Mantova, è oggetto di innumerevoli edizioni amatoriali, sia in lingua italiana che in questa o quella lingua regionale, e ora viene edita dall’attento Gerardo Mastrullo nel libretto che avete tra le mani.... Insomma, corre il rischio di essere tra le mie commedie più guadagnerecce e redditizie. Il che – trattandosi di un “peccato” – può anche essere sconcertante, ma è perfettamente in linea con una delle caratteristiche del nostro tempo, che remunera una peccatrice molto più di una casalinga, e un evasore fiscale molto più di un onesto contribuente. Il match Peccato /Virtù, sembra essere un match senza storia.


E questo potrebbe bastare: il testo è qui. Va preso per quello che è, e ... buon pro vi faccia!”


 


Luigi Lunari


(dalla prefazione al testo edito presso Book Time: cfr in Libri/Teatro/L’incidente)


 

Teatro Monicelli di Ostiglia
16 dicembre 2015 ore 21:00

di Edgarda Ferri

MATILDE & MATHILDA

Regia di Italo Scaietta

Una storia, tre voci che s’intrecciano, sospese in un luogo fuori dallo spazio e dal tempo: la prima voce, quella di Mathilda; la seconda, quella di Matilde; la terza, fuori campo, quella della Storia, con la S maiuscola.
Mathilda Attoni, meglio conosciuta dai posteri come Mathilda di Canossa, è una nobildonna colta e raffinata, ma anche dritta e fiera, “educata come un uomo” a principi come coraggio e lealtà, una donna lucida e determinata, costretta ad essere forte per proteggere la sua vita e la sua dignità; ma è anche il ritratto di una donna con un grande senso della lealtà e del dovere, capace di sacrificarsi, quando necessario, sull’altare della spietata ragion di stato dei suoi uomini: il Papa e l’Imperatore.
Matilde, meglio conosciuta come “la Tilde”, è La Donna del nostro tempo, vittima di una cultura di massa che la vorrebbe ridotta ad una bambola smarrita. Portatrice di un nome “senza storia” e che ha “perso tutto il suo significato”. È una donna fragile, che aspetta un improbabile principe azzurro e un matrimonio fiabesco, con tanto di vestito alla Barbie”.
La voce fuori campo della Storia ripercorre cronologicamente i momenti salienti della vita della Grancontessa.

dal 31 dicembre 2015 al 31 gennaio 2016

di Renè De Obaldia e Ado Nicolaj

MORTI & CONTENTI

Regia di Mario Zolin e Maria Grazia Bettini

Grasse Matinée di René De Obaldia
Il teatro di De Obaldià affronta temi contemporanei anche drammatici, seppur calati in un contesto comico, con un evidente richiamo al mondo assurdo e surreale di Ionesco: si passa dalla realtà all’immaginazione grazie all’uso particolare di un linguaggio che trae spunto dalla polemica sull’uso della parola nel mondo odierno. Grasse Matinée parla di due donne morte, che nelle rispettive bare ricordano avvenimenti della loro vita, aspettando il Giorno del Giudizio. Un linguaggio ricco e divertente, pieno di ritmo e humor, ma che sottende i temi fondamentali dell’esistenza. Leggerezza e profondità sono costanti in questo atto unico, dove la vita e la morte si trovano a coesistere in parallelo.

NOTE DI REGIA
La scrittura di De Obaldia mi ha incuriosito, in quanto nelle sue opere troviamo sempre il desiderio di divertire nella convinzione che, per toccare profondamente il pubblico, il comico sia importante anche quando risulta evidente l’amarezza di forti tematiche esistenziali, che in questo testo chiamano in causa suggestioni ultraterrene. L’ambiente realistico cimiteriale è voluto appunto per contrastare la vena comica e l’assurdo della situazione in cui vengono a trovarsi le protagoniste. I due personaggi infatti li ho visti come spiriti delle defunte che si muovono saltellando tra le tombe tra rumori di treni, suoni di campane, gracchiare di corvi, spari di fucili, esprimendo sentimenti contrastanti come gioia, risentimento e ansia.Tutto questo non porta le due donne necessariamente alla disperazione, ma malgrado tutto le apre alla fede dell’uomo su una sorta di meraviglia che tende all’aldilà.

 
Un Posticino Tranquillo di Aldo Nicolaj
Aldo Nicolaj, commediografo, versatile e prolifico, con le sue opere ha accompagnato l’evoluzione storica e sociale della seconda parte del novecento, osservando la realtà con sottile ironia e con moderato pessimismo. Nell’atto unico UN POSTO TRANQUILLO, marito e moglie, amanti del silenzio assoluto, si sono rifugiati su un’isola e hanno costruito la loro casa in una foresta al riparo da qualsiasi rumore. Perfino il bimbo appena nato viene tenuto in una culla con i tappi nelle orecchie e una garza sugli occhi. Non piange e forse non ha più vita... Arriva in modo avventuroso uno zio dall’Australia per ritrovare tutta la famiglia, compreso il padre del marito, suo fratello. Stupito del modo di intendere la vita, chiede dei parenti e il nipote lo invita a scendere in un sotterraneo, dove “riposa” l’intera famiglia. Fatto fuori l’ultimo parente i due coniugi potranno riposare nel silenzio assoluto della loro vita , conquistato con la follia omicida dei loro cari. Un noir surreale.

NOTE DI REGIA
Ritrovare i testi teatrali di Aldo Nicolaj è stata un’esperienza importante come regista, perché questo autore spazia dalla comicità, nei suoi molteplici registri, alla drammaticità, dando vita a personaggi e aspetti insoliti e bizzarri della realtà. In questo atto unico i due protagonisti danno libero sfogo al loro desiderio inconscio di Pace e Tranquillità, liberandosi, nel vero senso della parola, del mondo che li circonda. Con una interpretazione surrealista ecco l’ambientazione onirica con scene e costumi privi di colori e mobili trasparenti. Unica ad incombere è una grande culla dove la vita che dovrebbe contenere, in realtà è ancora una volta finzione. La recitazione è quindi "sopra le righe" e fa emergere lentamente la lucida follia, simbolo di ribellione alle convenzioni culturali e sociali e concepita come una trasformazione totale della vita. 

Mercoledì 27 gennaio 2016

GIORNATA DELLA MEMORIA

SE QUESTO È UN UOMO

di Primo Levi


Presentazione a cura del prof. Frediano Sessi

Regia di Maria Grazia Bettini e Diego Fusari

Entrata gratuita

dal 6 febbraio al 6 marzo 2016

STAGIONE DEL SETTANTENNALE (1946-2016)
Le riprese degli spettacoli storici

TRE SULL’ALTALENA

di Luigi Lunari

Regia di Aldo Signoretti

Lo spettacolo è diviso in due tempi con un solo intervallo


 
 
La ripresa dello spettacolo nel Settantennale dell’Accademia Teatrale Campogalliani è dedicata alla memoria di Aldo Signoretti e di Silvano Palmierini, rispettivamente magistrale regista e straordinario interprete della primitiva storica realizzazione di TRE SULL’ALTALENA

Il Presidente - Francesca Campogalliani

 

Ho scelto di riproporre questo spettacolo, senza cambiare nulla dell’originario allestimento e disegno registico, perché non mi sembrava possibile migliorare alcun elemento, tranne la sostituzione di un attore per “forza maggiore”.

Il regista e Direttore Artistico - Maria Grazia Bettini



Nota d’autore

Ci sono varie cose divertenti che potrebbero essere dette sulla genesi e sulla “fortuna” di questa commedia, ma il dirle non è opportuno: qualcuno potrebbe adontarsene, e, a me non sembra il caso di farmi dei nemici. Le racconterò a suo tempo – magari in una nuova commedia – lasciando per ora il curioso alla sua curiosità. «Tre sull’altalena nasce un po’ per caso: il titolo aggancia e riecheggia – come è mio costume – un titolo noto, tentando di scavalcare a livello subliminare la diffidenza del pubblico italiano per le cose nuove e mai sentite. Come commedia – a parte l’abilità tecnica che sempre e generosamente mi riconosco – non mi sembrava gran cosa: e devo un cero e un inno a Franco Graziosi, che per primo si è calorosamente divertito leggendola e che mi ha aperto gli occhi, diciamo, sulle sue possibilità. Ho constatato poi che la commedia piace molto agli attori, e mi sono ricordato del Goldoni, che nel suo Teatro comico fa dire a un attore: «Perché una commedia diverta il pubblico bisogna che prima diverta me». Che diverta e piaccia agli attori è dunque un buon auspicio. Poi, rileggendola, mi sono divertito anch’io: e autoanalizzandomi un poco, ho scoperto quanto segue: la commedia – al di là del piccolo mistero di cui ne circonfondo la nascita – è nata comunque senza alcuno scopo preciso, come è per chi dia inizio a un discorso improvvisato, senza una traccia e senza una scaletta, è stata condotta con totale libertà, come è per chi passeggia senza meta e senza scopo, per il puro gusto di passeggiare: il risultato è che nel totale disimpegno, nella mancanza di ogni progetto particolare, sono liberamente confluiti in queste pagine temi, episodi, convinzioni, speranze, paure, manie che appartengono più che a me uomo di teatro o intellettuale o scrittore, a me uomo in quanto tale, Luigi Lunari e basta. E – sempre in questa disimpegnata libertà, non dissimile da quella sciolta tranquillità che a volte negli sport procura il record – la commedia si è disposta «naturalmente» secondo un ordine e un significato, che diventano addirittura esistenzial-filosofici. Al punto che avrei potuto scrivere – del tutto diversamente da quanto ho scritto – «…Questa commedia tratta dai vari atteggiamenti che l’Uomo assume di fronte al grande Problema della Morte. I tre protagonisti, e la quarta persona che sopraggiunge alla fine, rappresentano – secondo una tipologia che attraverso le quattro maschere della commedia dell’arte e le carte dei tarocchi risale addirittura all’antico Egitto – il Potere Economico, la Sapienza Filosofica e Razionale, la Forza delle Armi e da ultimo il Popolo Lavoratore (Pantalone, il Dottore, il Capitano, lo Zanni, ovvero i segni di danari, di coppe, di spade e di bastoni). Di fronte all’eterno problema della Vita e della Morte reagiscono secondo la propria intima struttura psicologica e culturale, cedendo alla paura, trovando rifugio nella razionalità, alzando le spalle nel cachinno derisivo e strafottente, sortendo un dibattito che nello scontro e nel confronto...» ... eccetera eccetera…

Luigi Lunari

 

La commedia nei giudizi della critica

…È difficile prendere sul serio una commedia che pone il problema dell’incomprensibilità delle sue premesse, le quali dopo tutto sono state decise dal drammaturgo, soprattutto se, come è evidente in questo caso, egli non ci chiede di credere alla sua invenzione come fosse una metafora decisiva della condizione umana, non ci sorride sopra. E però, proprio per via di questo suo disimpegno e nella scanzonata superficialità con cui sono trattati i grandi nomi della filosofia dell’esistenza da Leibniz a Nietzsche, Tre sull’altalena diverte molto il pubblico e riesce a funzionare egregiamente nel gioco sofisticato dell’autoparodia… 

(Ugo Volli, «La Repubblica») 


…Una commedia così, fosse firmata da Neil Simon o Andrè Roussin, scatenerebbe una gara fra gli impresari nostrani per accaparrarsela… 

(Ugo Ronfani, «Il Giorno») 


…In Tre sull’altalena si parla dunque di morte con divertita intelligenza: un tema serio affrontato con il sorriso e l’ironia….il foltissimo pubblico della prima si è sciolto alla fine dello spettacolo in lunghi e trionfali applausi… 

(Magda Poli, «Corriere della Sera») 


…Con Tre sull’altalena Lunari ha dato il via libera alla propria spontaneità creativa senza equilibrismi intellettuali, solo usando il filtro di una naturale musicalità sintattica. Ne è sortita forse la sua più bella commedia… 

(Paolo Paganini, «La Notte») 


Mettiamoci Sartre e Beckett e Kafka, magari anche Feydeau, per via di quelle porte che si aprono e si chiudono… mettiamoci quel che volete, ma Lunari gioca tutte le carte sue, lasciando – sullo scivolo di una incalzante comicità – larghi spazi a un impegno carico di significati morali… 

(Carlo Maria Pensa, «Famiglia Cristiana») 


Dopo l’edizione del debutto (1990 – Teatro dei Filodrammatici di Milano – regia di Silvano Piccardi) Tre sull’altalena è stata portata in scena in Italia dalla Compagnia Pambieri-Tanzi-Beruschi (1996 – Teatro Carano – Milano), sempre per la regia di Silvano Piccardi. 

La fortuna straniera della commedia comincia nel 1994. Tradotta in francese con il titolo “Fausse adresse”, viene rappresentata al Festival di Avignone dalla Compagnia Pierre Santini, nel mese di luglio. In novembre viene portata a Parigi, al Théâtre La Bruyère, dove sta in scena per 159 sere, poi in tournèe in Francia Tre sull’altalena viene pubblicata in francese su “Avant- Scène” (febbraio 1995) e in Inglese su “Plays International” (settembre 1994). Da allora, viene tradotta in ventitre lingue, e pubblicata – oltre che in francese e inglese – anche in spagnolo (rivista “Ade”), in russo (rivista “Teatr”), in portoghese, in croato e in bulgaro, ed è pubblicata per il Nord America dalla Blizzard Co.. In Italiano esce nella BUR di Rizzoli, Milano 1994. Poi presso l’editore Book Time, Milano 2012 Rappresentata in Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Olanda, Belgio, Svizzera, Svezia, Finlandia, Estonia, Rep. Ceka, Slovacchia, Messico, Argentina, USA, Canada, Russia e CSL, Bulgaria, Cipro, Grecia, Turchia, Israele, Croazia. 

Piccola considerazione: rappresentata in otto capitali della CEE dal teatro professionista, ma a Roma solamente dall’Accademia Teatrale Campogalliani.

Riconoscimenti ottenuti dall’Accademia Campogalliani con “Tre sull’altalena”

1. GORIZIA TEATRO TENDA AL CASTELLO (luglio 1994)
FESTIVAL TEATRO AL CASTELLO TROFEO “CITTA’ DI GORIZIA”
1º premio alla Compagnia
1º premio alla regia ad Aldo Signoretti
1º premio per il miglior caratterista a Silvano Palmierini
1º premio per il miglior attor giovane a Diego Fusari
1º premio per la miglior caratterizzazione delle piccole parti femminili a Francesca Campogalliani
Segnalazione per i costumi (Mario Zolin)

2. PESARO TEATRO ROSSINI (settembre 1994)
FESTIVAL NAZIONALE D’ARTE DRAMMATICA
Premio della giuria giovani per il miglior testo di autore contemporaneo italiano e il miglior spettacolo del Festival

3. SCHIO TEATRO ASTRA (ottobre 1994)
RASSEGNA MASCHERA D’ARGENTO
1º premio della giuria per la miglior regia
Premio per il miglior caratterista della rassegna a Silvano Palmierini
Premio per il miglior attore giovane e il miglior attore generico assegnati dal pubblico a Diego Fusari e Adolfo Vaini

4. MACERATA TEATRO LAURO ROSSI (ottobre 1994)
RASSEGNA NAZIONALE “ANGELO PERUGINI”
Premio speciale della giuria per il miglior spettacolo

5. ROVERETO TEATRO ZANDONAI (marzo 1995)
RASSEGNA NAZIONALE SIPARIO D’ORO
Primo premio della giuria (presieduta da Ugo Ronfani) SIPARIO D’ORO alla compagnia
Premio per il miglior attore della rassegna a Silvano Palmierini

6. CASTELLANA GROTTE RASSEGNA NAZIONALE DEL TEATRO COMICO (luglio 1995)
Premio alla compagnia per il miglior spettacolo della rassegna
Premio per la migliore interpretazione a Silvano Palmierini

7. CALTABELLOTTA e SCIACCA PREMIO “SALVO RANDONE” (giugno 1997)
1º Premio al gruppo per il miglior spettacolo

8. VERONA (maggio 1998)
RASSEGNA TEATRALE DI AUTORE CONTEMPORANEO PREMIO “GIORGIO TOTOLA”
1º Premio al gruppo per il miglior spettacolo

9. IMPERIA FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO (maggio 2005)
1º Premio al gruppo per il miglior spettacolo

10. MILANO TEATRO NUOVO (luglio 2008)
FESTIVAL DEL TEATRO AMATORIALE
1º premio miglior attore a Diego Fusari
3º premio miglior attore a Adolfo Vaini
3º premio miglior regia a Aldo Signoretti


“TRE SULL’ALTALENA”, allestito dall’Accademia Teatrale Campogalliani dal 1993, e tuttora in repertorio, è stato rappresentato, oltre che a Mantova e nei luoghi sopra citati, anche in altre sedi, tra cui quelle prestigiose del Teatro Manzoni di Milano, Teatro della Cometa di Roma, Vicenza, Trento, Brescia, ecc.

12 febbraio 2016 - ore 21:00

presso il Teatro Bonoris di Montichiari

L’incidente

di Luigi Lunari

L’OPERA


Sullo spunto della celebre DIE HOSE (Le Mutande) di Carl Sternheim, la commedia sviluppa un intricato procedimento farsesco al cui centro sono una donna, innocente provocatrice, concupita da tutti, e suo marito, un piccolo impiegato di banca, disperatamente teso a far dimenticare al proprio direttore lo spiacevole episodio che potrebbe avere nefasti effetti sulla sua carriera. A scatenare il turbinio smaliziato di provocazioni e tentativi di seduzione è, appunto, “l’incidente” nel quale incorre la procace moglie del piccolo impiegato, che alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede della banca, alla presenza di tutti i dirigenti e delle autorità civili e religiose, perde inopinatamente le... mutande! Per quanto prontamente superato, l’incidente provoca strane curiosità e segrete voglie tra quanti vi hanno assistito. A colorare l’intera commedia si alternano una folta schiera di coloriti personaggi che strapperanno risate e divertimento.
La scoppiettante commedia fu scritta nel 1966 da Luigi Lunari e, seppur da lui considerata un suo "peccato di gioventù", costituisce il suo primo cospicuo successo, tanto da rimanere in cartellone per 103 sere al teatro Odeon di Milano, con l’inverecondo (ma efficace) titolo di PER UN PAIO DI MUTANDINE, con la regia di Carlo Colombo e la straordinaria interpretazione di due mattatori del teatro comico, quali Piero Mazzarella e Tino Scotti.


 


NOTE DELL’AUTORE


“L’INCIDENTE – nel piccolo elenco delle proprie opere che il sottoscritto divulga – viene definito “peccato di gioventù” e, assieme a ER PADRE DE LI SANTI, OVVERO I MONOLOGHI DEL CAZZO (etichettato a sua volta come “peccato di vecchiaia”), costituisce un binomio di cui l’Autore sembrerebbe un poco vergognarsi, e ammetterne l’esistenza a denti stretti e a collo torto. Tuttavia, allentando i denti e raddrizzando il collo, pur con tutte le arie che si dà per le sue opere più note, egli deve ammettere che L’INCIDENTE – per esempio – non è poi così male. È una farsa condotta con notevole abilità, con personaggi ben delineati, colpi di scena ben allocati, un minimo di significato “morale” nella denuncia di un maschilismo imperante, che alla fine soccombe sotto il buon senso, la rettitudine, la concretezza della donna: nel che è uno dei leitmotiv più evidenti del teatro del sottoscritto. Una prova della sua efficace qualità è il fatto che – scritta e varata nel 1966 – è a tutt’oggi in circolazione, e sembra anzi godere (2014) di una sorta di revival: è stata tradotta in russo, è andata in scena in Romania, sta per andare in scena in Albania, è programmata per la prossima stagione della gloriosa Campogalliani di Mantova, è oggetto di innumerevoli edizioni amatoriali, sia in lingua italiana che in questa o quella lingua regionale, e ora viene edita dall’attento Gerardo Mastrullo nel libretto che avete tra le mani.... Insomma, corre il rischio di essere tra le mie commedie più guadagnerecce e redditizie. Il che – trattandosi di un “peccato” – può anche essere sconcertante, ma è perfettamente in linea con una delle caratteristiche del nostro tempo, che remunera una peccatrice molto più di una casalinga, e un evasore fiscale molto più di un onesto contribuente. Il match Peccato /Virtù, sembra essere un match senza storia.


E questo potrebbe bastare: il testo è qui. Va preso per quello che è, e ... buon pro vi faccia!”


 


Luigi Lunari


(dalla prefazione al testo edito presso Book Time: cfr in Libri/Teatro/L’incidente)


 

20 febbraio 2016

28o FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO AMATORIALE “MASCHERA D’ORO”
TEATRO SAN MARCO di Vicenza

LA SCUOLA DELLE MOGLI

di Molière
Regia di Mario Zolin

L’AUTORE

Jean Baptiste Poquelin (in arte Molière) era figlio di un ricco commerciante che avrebbe voluto farne un avvocato. Molière, invece, era irresistibilmente attratto dal teatro.
Nel 1643 lasciò la famiglia, fondò la compagnia dell’Illustre Theatre e girò la provincia francese con alterna fortuna. Il successo arrivò dal 1658 in poi, dopo essersi attirato la simpatia e la protezione di Luigi XIV, che apprezzava molto la sua arte. Di tale favore si fece forza per attaccare dalla scena gli aspetti più detestabili della società a lui contemporanea: la trionfante ipocrisia, la falsa pietà religiosa, i vuoti snobismi intellettuali.
Naturalmente si attirò l’odio di nemici potenti, ma non abbandonò mai il suo teatro e morì in scena nel 1673 durante la rappresentazione del Malato Immaginario.
Anche se nelle sue opere non è evidente un intento moraleggiante, il giudizio di Molière sulla società del tempo è negativo e da qui nasce la sua comicità, che lascia sempre trasparire un velo d’amarezza. In Molière la risata è anche la chiave per scoprire tante verità.

 

L’OPERA

“L’Ecole des Femmes” (La scuola delle mogli) andò in scena la prima volta il 26 dicembre 1662 al Palais Rojale di Parigi.
“Se sposo un’oca è per non essere fatto becco”, dice Arnolfo a Crisalda, la voce della ragione.
Arnolfo è un uomo celibe, benestante, che incarna la vanità del borghese che vuole apparire nobile. Per lui la disgrazia peggiore per un uomo è quella di essere tradito dalla propria moglie. Avendo deciso di sposarsi, è dunque ossessionato dall’idea che possa capitare anche a lui. È convinto che solo la donna educata, istruita, economicamente indipendente sia in grado di tradire e per questo vuole sposare una giovane semplice e ingenua, allevata in un convento.
La sua tranquillità e la sua sicurezza sono però destinate a sgretolarsi pian piano…
L’amore va oltre ogni ragionamento e l’istinto insegna ciò che non è stato insegnato.
Questa è la scuola delle mogli o, più genericamente, delle donne!
La commedia è una critica dell’alta società francese del XVII sec., dove la donna, soprattutto nel matrimonio governato dall’autorità del capo famiglia, era completamente soggetta all’uomo, ma spesso si concedeva delle “evasioni”.
Ma siamo sicuri che questo lavoro sia solo un quadro d’epoca?
Anche oggi il tradimento è uno dei fantasmi che agitano la mente maschile e anche oggi è collegato all’emancipazione femminile e alla gelosia dovuta alla concezione dell’amore come possesso della donna.
Non se ne discute più liberamente come nei salotti parigini del XVII sec., ma piuttosto si sceglie la via del gossip o del silenzio che porta alla violenza e molto spesso alla tragedia.
Si può dunque dire che, come tutti i classici, “La scuola delle donne” trascende il tempo della sua scrittura e può avere ancora qualcosa da dire.

 

Il 3 e l’8 marzo 2016

rispettivamente al Teatro Politeama di Suzzara
e, in occasione della
GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA,
al Teatro di Palazzo d’Arco - Mantova

E POI CI SONO LE DONNE ...

Regia di Maria Grazia Bettini

dal 12 marzo al 24 aprile 2016

STAGIONE DEL SETTANTENNALE (1946-2016)

Le riprese degli spettacolo storici

IL TRIGAMO o la spartizione

di Piero Chiara

Regia di Maria Grazia Bettini

Lo spettacolo è diviso in tre tempi con due intervalli

LA VICENDA

Emerenziano Paronzini, invalido della prima guerra mondiale, è impiegato presso il Ministero delle Finanze, trasferito in qualità di vice-capufficio, a Luino, sul Lago Maggiore. Preciso e metodico, sia nella vita privata che sul lavoro, Paronzini adocchia le sorelle Tettamanzi, tre “mature ragazze”, che hanno una bella casa sul lago e una considerevole fortuna, ereditata dal padre, “patrocinatore legale” con la passione per la scienza e la biologia, morto da poco: “Brutte ciascuna a suo modo di una bruttezza singolare, e consapevoli della ripugnanza che ispiravano agli uomini, avevano tacitamente soppresso l’amore, come se l’avessero seppellito in giardino per nascondere una vergogna. In verità, neppure quando andavano a scuola, nessun uomo aveva pensato di farle accorte del loro sesso”.
Il Paronzini decide di sposare Fortunata, la più anziana, ma, tornato dal viaggio di nozze, visto che la moglie risulterà, a un controllo medico, “vaginalmente infiammata”, inizia a sollazzarsi anche con le altre due sorelle (Tarsilla e Camilla), intensificando i rapporti, dedicandosi ogni notte a una sorella diversa, sotto gli occhi orripilati della vecchia serva Teresa che non dorme più e si spella le mani a furia di rosari. Il paese naturalmente intuisce, ma non riesce a sapere con certezza. Paronzini diventa così l’amante di tutte e tre le sorelle, che si dividono le sue attenzioni senza gelosie, fino all’inevitabile schianto coronarico dell’attempato amatore.
La riduzione teatrale fu elaborata da Piero Chiara adattando per il palcoscenico il suo best seller “La Spartizione”, che nel 1970 diventò un grande successo cinematografico per la regia di Alberto Lattuada con il titolo “Venga a prendere il caffè da noi”, con Ugo Tognazzi grande protagonista.


NOTE DI REGIA

La scelta di un testo che fotografa una provincia perbenista, che cela all’interno delle mura di casa storie “pruriginose” proviene da un consiglio del mio Maestro Aldo Signoretti nell’anno 1985. Mi affidò il compito di metterla in scena con tre attrici storiche della Campogalliani, Isa Mancini e le giovani Francesca Campogalliani e Loredana Sartorello e con un magnifico Damiano Scaini, vero “gallo nel pollaio”.
Chiesi la collaborazione di un famoso Nani Tedeschi, pittore, disegnatore e incisore, che con entusiasmo creò con i suoi disegni le scenografie della commedia.
Per ricreare i molteplici luoghi del racconto, spezzai lo spazio scenico con un sipario mobile e quindi apparizioni veloci e ritmate da musiche e luci concentrai l’attenzione principalmente sugli attori e sulla recitazione, con una regia quasi cinematografica.
Ora riprendo lo spettacolo con altri attori, ma con il medesimo impianto interpretativo e registico, per riproporre agli spettatori una storia di ipocrisie perbeniste, raccontata con ironia e semplicità da un grande scrittore come Piero Chiara.