Stagione teatrale passata

STAGIONE TEATRALE 2020 - 2021



dettagli

dal 10 ottobre al 25 ottobre e dal 27 novembre 2020 al 13 dicembre 2020

Mai stata sul cammello?

di Aldo Nicolaj

L’AUTORE. 

Aldo Nicolaj nasce a Fossano di Cuneo il 15.3.1920 e muore a Orbetello il 5.7.2004.

Commediografo particolarmente versatile e fecondo, esordì con opere di impegno sociale osteggiate dalla censura dell’epoca. La sua fu una vita movimentata, dalla deportazione in Germania al soggiorno in Sudamerica come addetto culturale all’Ambasciata del Guatemala, al trasferimento a Roma. Filo conduttore di questi anni e dei successivi è la produzione incessante di testi teatrali, commedie e atti unici. Nelle sue commedie, molto rappresentate all’estero, che gli valsero il premio SIAE nel 1997 come autore italiano più rappresentato all’estero, seppe sperimentare diversi stili, passando con disinvoltura dal simbolismo al neorealismo, dal surrealismo al teatro dell’assurdo. E’ stato inoltre apprezzato traduttore di opere teatrali straniere, curatore di riduzioni teatrali e sceneggiatore per la RAI. Scisse 74 tra commedie e atti unici 3 commedie in dialetto piemontese e 53 monologhi.

 

NOTE DI REGIA

Nel lungo periodo di chiusura forzata tra gli altri, mi sono venuti in mano alcuni testi di Aldo Nicolaj, rileggendoli ho riscoperto un autore che purtroppo è stato ormai accantonato dai teatri nazionali, in particolare mi ha incuriosito la commedia “Mai stata sul cammello?”, rappresentata per la prima volta a Berlino nel 1996 e scritta per l’attrice Paola Borboni che non ebbe il tempo di portarla in scena. Mi ha incuriosito in quanto è una commedia al femminile che nonostante i sui 25 anni mantiene ancora la freschezza della scrittura e la contemporaneità dell’argomento. Il testo si caratterizza per una critica ironica della società nel quotidiano e focalizza la riflessione dello spettatore sull’analisi dei rapporti umani, ma è sui caratteri dei personaggi che ho posto maggiormente l’attenzione, caratteri ben delineati che vanno tenuti sempre vivi nei loro contrasti, contrasti dai quali nasce la comicità. L’autore costruisce una commedia umana, amara, dall’umorismo acre, dove l’egoismo arriva all’estremo. Questa serie di fattori mi hanno spinto a proporla al nostro pubblico in questo periodo “strano” dove i rapporti familiari vengono messi a dura prova.

dal 18 dicembre 2020 al 24 gennaio 2021

Il rumore delle ali
L’aviatore

Il rumore delle ali - di Chiara Prezzavento
L’aviatore - di Frederick Forsyth - traduzione e riduzione teatrale di Chiara Prezzavento

Poteva l’ambizioso Icaro essere felice di una vita faticosa a terra,

una vita di aratri e di buoi dal passo lento,
dopo aver provato anche una volta sola l’estasi senza remore del volo?
E.A. Bucchianeri


Amelia Earhart avrebbe senz’altro risposto di no. Celeberrima aviatrice e icona americana tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, Amelia combina in sé l’aspirazione antica e divorante del volo con l’impegno per l’emancipazione della donna e il glamour più luccicante. Un Icaro al femminile, al perenne inseguimento della prossima sfida – un mito alimentato dal marito pubblicista … Ma quando, nel luglio del 1937, Amelia intraprende un lungo e incerto volo attraverso l’Oceano Pacifico, e del suo aereo si perde ogni traccia a poche miglia dalla destinazione, che ne è di coloro che attendono notizie con il cuore in gola? Il Rumore delle Ali, di Chiara Prezzavento racconta il prezzo dei sogni, il potere delle aspirazioni umane, e il dramma di chi resta a terra, nel cono d’ombra delle imprese leggendarie.
Anche de L’Aviatore nato da un’idea del romanziere inglese Frederick Forsyth, seppur visto soltanto in controluce, non ci si può non chiedere: sarebbe stato capace di tornare alla vita faticosa a terra? Una notte di Natale, un giovanissimo ufficiale pilota e un volo che, sulla carta, non può che andare liscio… Ma il destino ci si mette di mezzo, nella forma di un guasto tecnico: che cosa si fa smarriti in volo, disperatamente soli nel cielo notturno di dicembre? A chi si chiede aiuto? L’esperienza personale di Forsyth, a sua volta pilota RAF negli anni Cinquanta, dà colore e consistenza a un’insolita, avventurosa e misteriosa storia natalizia.
In due atti unici, due storie diverse e complementari esplorano i pericoli e il fascino potente del volo, e il rapporto tra l’uomo e le sue ali meccaniche – che forse non è cambiato poi troppo dai giorni di Icaro in fuga dal labirinto.

* * *

NOTE di REGIA

L’idea di portare in scena il volo come sfaccettata metafora della condizione umana nasce da un impulso del giornalista aereonautico Fabrizio Bovi, che ci suggerisce di ispirarci al racconto The Shepherd, di Frederick Forsyth. A L’Aviatore, storia sulla solitudine e la forza del volo, Chiara Prezzavento affianca l’atto unico Il Rumore delle Ali, che indaga il lato di chi attende a terra. L’atmosfera rarefatta in cui agiscono questi moderni Icaro è ricreata combinando suggestioni teatrali e cinematografiche, attraverso la proiezione di spezzoni di volo autentici che trasportano lo spettatore nella cabina di pilotaggio de L’Aviatore e in una sala d’attesa insieme ai familiari di Amelia. A sua volta Amelia appare sola, isolata in uno spazio indefinito – eternamente in volo. Suoni, spie luminose e luci di bordo e di pista costituiscono l’impalpabile scenografia di questo spettacolo avventuroso.

* * *

AMELIA EARHART, figlia di un avvocato e di un’ereditiera, dopo studi irregolari e una breve carriera da infermiera in Canada, a 21 anni scoprì la passione per il volo che avrebbe dato forma al resto della sua vita. Stella dell’aviazione americana e paladina dell’emancipazione femminile, fu la prima donna a trasvolare l’Atlantico nel 1928. Nel 1931 Sposò l’editore e pubblicista George P. Putnam, che la sostenne nel progettare ed eseguire una serie di imprese aereonautiche di grande richiamo. Nel 1937 intraprese, tra molte difficoltà, un volo intorno al mondo. Durante l’ultima tappa sull’Oceano Pacifico il suo aereo andò disperso senza lasciare traccia. Il suo destino resta tuttora un mistero.

CHIARA PREZZAVENTO, scrittrice, editor, traduttrice e blogger, ha cominciato studiando Relazioni Internazionali, per poi virare in tutt’altra direzione. Scrive e pubblica narrativa storica in Italia e nel Regno Unito. Da un decennio collabora con l’Accademia Teatrale “Francesco Campogalliani”, per cui ha scritto numerosi atti unici, monologhi e adattamenti. La sua ossessione per il teatro elisabettiano ha prodotto numerose conferenze divulgative e la sezione italiana del progetto internazionale Il Palcoscenico di Carta/The Paper Stage. Quando non scrive, edita testi altrui, traduce saggistica e fa gavetta da aiuto-regista.

dal 29 gennaio al 28 febbraio 2021

La cosmetica del nemico

di Amélie Nothomb

Regia di Mario Zolin

LA STORIA

Partendo dalla metaforica sala d’attesa di un aeroporto, “non luogo” maledetto e senza rimedio in caso di ritardi, la “Cosmetica del nemico” s’inoltra crudelmente su un percorso intrigante, in sottile equilibrio fra il “giallo” e il “noir metafisico”. E in questo “non luogo” troviamo l’irascibile uomo d’affari francese Jérome Angust, simbolo dell’individuo che preferisce non vedere piuttosto che accettare la giusta sorte. Coscienza e memoria sono infatti il nemico, il demonio, desueto comandamento della filosofia classica: “conosci te stesso”. Così questo manager in viaggio d’affari non vuole saperne. Persino il suo cognome, Angust, richiama la miseria interiore in cui non vuole ammettere di trovarsi. Ma Jérome dovrà fare i conti con quello strano “nemico” che è il suo incalzante e impertinente scocciatore olandese: Textor Texel. Quest’ultimo costringerà Jérome a subire una conversazione asfissiante, per condurlo in tal modo verso il suo destino prestabilito. Con il suo decimo romanzo breve (come tanti altri suoi, particolarmente adatto alla messa in scena), Amélie Nothomb compie uno dei suoi migliori atti di denuncia dell’animo umano: “senza la giusta memoria, l’uomo si autoassolve perfino dal crimine peggiore”. Come in molti altri suoi romanzi, la scrittrice belga dimostra anche qui il suo gusto per l’ironia e il sarcasmo, non privo di una sottile vena di sadismo, e, anche in questo caso, la lotta senza esclusioni di colpi fra i due protagonisti porterà a una resa dei conti drammatica. Dal fulminante dialogo fra Jérome e Textor emergeranno via via, nel ritmo incalzante e nella tensione crescente, le profonde tematiche (tragicamente attuali) messe in luce dalla Nothomb nel suo testo.  Fino alla rottura del guscio che svelerà il mistero più macabro.

 

NOTE DI REGIA

La lettura di “Cosmetica del nemico” mi ha conquistato sin dalle prime pagine. Allora non sapevo bene dove mi avrebbero portato quei due personaggi con il loro serrato botta e risposta, ma poi, battuta dopo battuta, ho cominciato a scavare nella vita di entrambi: ciò mi ha permesso di capire i loro comportamenti e le loro reazioni a determinati accadimenti con cui è costruita la trama del racconto. Terminata la prima lettura, mi sono reso conto che il serrato processo che si svolge in “Cosmetica del nemico” poteva essere portato in scena con approcci molto diversi. La mia scelta è stata quella di prediligere l’aspetto “giallo” del testo, ma senza svuotarlo di quei riferimenti psicologici e filosofici che lo rendono vivo e attuale. L’Autrice è infatti riuscita a far emergere nel suo racconto quel nemico che ognuno di noi ha dentro di sé e che non sempre si riesce a vincere.

Su questi aspetti ho concentrato la messinscena; i due protagonisti si affrontano, si studiano, si aggrediscono fino alle ultime battute di un finale, in un certo senso macabro, ma del tutto sorprendente.

Dopo un approfondito lavoro con gli attori, mi sono dedicato alla ricerca di quei contributi multimediali (luci, interventi sonori e videoproiezioni) che potessero scandire e sottolineare i vari passaggi di situazione. Con questi contributi ho cercato inoltre di evidenziare il filo narrativo e di stimolare l’attenzione del pubblico, favorendo l’immedesimazione dello stesso nei personaggi per renderlo partecipe delle emozioni che si scatenano via via nella storia. Una storia che lo spettatore percorre entrando e uscendo da quel “non luogo” che è la sala d’attesa di un aeroporto, che ho ricreato con una scenografia metaforicamente astratta.

 

“Sono te. Sono quella parte di te che non conosci ma che ti conosce fin troppo bene. Sono quella parte di te che tu ti sforzi di ignorare”

 

AMÉLIE NOTHOMB

Scrittrice belga di lingua francese (nata a Kobe, Giappone, nel 1967), figlia di un ambasciatore, la Nothomb ha trascorso l’infanzia nel Paese natale, seguendo poi il padre in diversi altri Paesi, fra cui Cina e Stati Uniti. Dopo la laurea in Belgio, ha vissuto ancora in Giappone, dove ha lavorato come traduttrice in una grande azienda. Scrittrice di culto, non solo in Francia, ha esordito nel 1992 con Igiene dell’assassino, il romanzo che l’ha subito imposta a livello internazionale. Da allora ha pubblicato un libro all’anno: i suoi romanzi sono stati tradotti in decine di lingue e innumerevoli sono gli adattamenti teatrali che sono stati portati in scena. La Nothomb si è aggiudicata diversi prestigiosi premi letterari, tra cui il Grand Prix du roman de l’Académie Française e il Prix Internet du Livre per Stupore e tremori, il Prix de Flore per Né di Eva né di Adamo, e due volte il Prix du Jury Jean Giono per Le Catilinarie e Causa di forza maggiore. Primo sangue, suo trentesimo romanzo, si è aggiudicato il Prix Renaudot 2021 e il Premio Strega Europeo 2022.

dal 5 marzo al 18 aprile 2021

Sinceramente bugiardi

di Alan Ayckbourn

Regia di Maria Grazia Bettini

Lo spettacolo racconta le vicende parallele di due coppie, che finiranno  per intrecciarsi, fra equivoci e colpi di scena. La relazione matrimoniale, disincantata e routinaria, tra due dei protagonisti, Sheila e Philip, costituisce lo specchio e il contraltare di quella che unisce gli altri due personaggi, Greg e Ginny: giovani fidanzati alle prese con le piccole incomprensioni e i repentini entusiasmi di un rapporto ancora all’inizio. Le tre settimane di fidanzamento di Greg e Ginny, così come i trent’anni di matrimonio di Sheila e Philip, sono costellati di bugie e infedeltà. Il soggetto è lo spunto ideale per lo scatenarsi di equivoci e situazioni esilaranti. In questo quadro si sviluppano piccole storie di scappatelle extraconiugali, con le classiche situazioni paradossali che scatenano l’inevitabile ilarità. 

NOTE DI REGIA

La fortuna scenica di Alan Ayckbourn è un fenomeno conosciuto e che negli anni è diventato sempre più clamoroso. Ormai non c’è palcoscenico importante del mondo che non abbia ospitato una sua commedia e i suoi testi riscuotono ovunque straordinari successi. Ayckbourn è un drammaturgo che, in oltre venticinque anni di carriera, si è imposto come l’erede di una tradizione illustre qual’ è quella britannica dominata da George Bernard Show, Oscar Wilde, Noel Coward, per citare solo i maestri del genere. Ayckbourn ha caratteristiche completamente diverse drammaturgicamente parlando e non ha forse l’ambizione di seguire la loro strada ma a poco a poco, senza quasi darlo a vedere, ha superato i limiti di partenza della farsa e della commedia brillante, che vivono sulla perfezione dei meccanismi e su un dialogo sfavillante. I personaggi molto caratterizzati delle prime pièces , spesso solo pedine dell’azione scenica, si sono via via trasformati in personaggi identificabili e riconoscibili della classe media inglese, colti nei tic, nelle frustrazioni e nelle ambizioni spesso sbagliate della loro esistenza. Le stesse scappatelle coniugali che costituiscono uno dei motivi più congeniali ad Ayckbourn, non sono semplici elementi da sfruttare nelle infinite possibilità comiche, ma l’occasione anche per fare un ritratto amaro e graffiante di una società senza valori e senza reali alternative al proprio modo di vivere.    La regia  vuole restituire al testo la capacità di coniugare ritmi forsennati e mano leggera con la clamorosa capacità di indagare le   psicologie dei personaggi e coniugare eleganza ed ironia di matrice anglosassone con un allestimento di forte comunicatività. Sinceramente bugiardi è una straordinaria pièce che davvero riconcilia con il teatro comico, oggi troppo spesso degradato da certa comicità di marca televisiva. In questa commedia c’è tutto il mondo di Ayckbourn, la cui comicità nasce dal contrasto fra i contrattempi in cui si trovano i personaggi e le loro reazioni talvolta del tutto spropositate. E’ indubbiamente una comicità di situazione, ma sempre lontana da ogni forma di superficialità e di clichè. Musiche, scene e costumi daranno un apporto fondamentale a questo viaggio nella straordinaria comicità di Ayckbourn e nelle rocambolesche vicende dei suoi personaggi . Messaggio implicito in Ayckbourn è, sempre e comunque, che finché si riesce a ridere della propria paralisi comportamentale e sociale, c’è speranza.       

L’AUTORE

Figlio di un violinista e di una scrittrice di romanzi rosa, Sir Alan Ayckbourn inizia la carriera teatrale come assistente del direttore artistico al Festival di Edimburgo. Le sue commedie satiriche si caratterizzano per la coralità, quasi sempre i protagonisti sono marito e moglie. E’ attraverso quei coniugi intrappolati nell’istituzione matrimoniale che sentono come prigione ma al tempo stesso fonte indispensabile di sicurezza, che Ayckbourn mette in scena il malessere sociale della media borghesia provinciale inglese. Dotato di notevole intuito sociologico, il geniale autore anglosassone riesce a costruire dei personaggi assolutamente credibili anche nelle situazioni più paradossali, senza cadere in eccessi caricaturali. Tra i suoi numerosi successi: Absurd Person Singular (1972), Bedroom Farse (1975), Sisterly Feelings (1979), Intimate Exchanges (1982), Body Language (1990) Snake in the Grass (2002). Negli anni ’80 Ayckbourn cambierà in parte il suo stile, sconfinando talvolta nel dramma, trasportato da un pessimismo sempre meno dissimulato, come è evidente in testi come: Woman in Mind (1985) e Henceforward (Il presente prossimo venturo, 1987).