Stagione teatrale passata

STAGIONE TEATRALE 2014 - 2015



dettagli

3 - 4 - 5 - 10 - 11 - 12 ottobre 2014

Spettacolo Ospite in collaborazione con
Scuola di Teatro Francesco Campogalliani e Ars Creazione e Spettacolo

IL CROGIUOLO

di Arthur Miller
Regia di Raffaele Latagliata

PERSONAGGI E INTERPRETI

(in ordine di apparizione)

 

Reverendo Parris
MICHELE GASAPINI
Betty Parris
LAURA FIRRIOLO
CLAUDIA MOIETTA
Tituba
IVONNE PALTRINIERI
GABRIELLA FERRAMOLA
Abigail Williams
ELEONORA REBECCHI
LAURA FIRRIOLO
Susanna Walcott
ILARIA LOVO
GIOIA CISI
Signora Ann Putnam
PAOLA CARPEGGIANI
Thomas Putnam
ANDREA SPONTONI
Mercy Lewis
MONIA PATUZZO
ELEONORA REBECCHI
Mary Warren
CLAUDIA MOIETTA
ILARIA LOVO
John Proctor
DANNY DONDI
Rebecca Nurse
GIOIA CISI
ISA BONFA’
Reverendo John Hale
ANDREA CODOGNATO
Elizabeth Proctor
GIOVANNAGRACCHELLI
MONIA PATUZZO
Ezekyel Cheever
MATTEO BERTONI
Giudice Hathornediv
ANDREA FRIGNANI
Vicegovernatore Danforth
MARCO FERRARI
Sarah Good
GABRIELLA FERRAMOLA
IVONNE PALTRINIERI

 

 

REALIZZAZIONE

 

Musiche originali
PATRIZIO MARIA D’ARTISTA
Scene
ANDREA CODOGNATO
Costumi
IVONNNE PALTRINIERI
Aiuto costumista
GABRIELLA FERRAMOLA
Trucco
ILARIA LOVO
Grafica
MARCO FERRARI
Luci
MATTEO BERTONI
Assistente alla Regia
PATRIZIA ANANIA
Immagine di locandina a cura di
ELEONORA REBECCHI

 

 

LO SPETTACOLO

Intrigo, passione, pregiudizio. Questi i fili conduttori della trama de "IL CROGIUOLO, le streghe di Salem",  dramma in quattro atti, scritto nel 1953 da Arthur Miller, drammaturgo newyorkese di fama mondiale e vincitore di un Premio Pulitzer e di cinque Tony Awards. La vicenda della folle esplosione di fanatismo religioso denominata “caccia alle streghe” è un evento storicamente accaduto nel 1692 nella minuscola comunità di Salem, nel Massachuttes. Due giovani della comunità, Betty Parris e Abigail Williams, iniziarono a dare segni di squilibrio mentale che invece di essere indagati attraverso accertamenti medici, vennero incautamente attribuiti all’influsso del maligno. Progressivamente si diffuse la voce di una presunta maledizione contro di loro, lanciata da qualche strega o stregone. Sulla base delle testimonianze delle due ragazze, a cui si aggiunsero in seguito quelle di altre “possedute”, vennero processate circa centocinquanta persone. La trama de Il Crogiuolo riprende la location e i personaggi coinvolti nella vicenda immaginando Abigail innamorata di John Proctor, un avvenente contadino del luogo, e per questo pronta ad accusare di stregoneria la moglie dell’uomo, Elizabeth. In un clima di tensione e paura, pregiudizi e diffamazioni, gli eventi si susseguono vorticosamente in un alternarsi di intrighi e colpi di scena. L’accusa infamante diventa sentenza nel momento stesso in cui viene pronunciata. La menzogna si trasforma in verità assoluta e per gli accusati non vi è più via di scampo né possibilità di difendersi. Il protagonista, urlando "…avete preso la mia anima, lasciatemi almeno il nome", rifiuterà  di giurare il falso pur di poter vivere e riaffermare i valori della dignità e dell’integrità umana.Una storia che diviene metafora di tutte quelle forme di intolleranza e intransigenza dettate da pregiudizio e ignoranza che Miller utilizzerà come strumento di denuncia anche del noto fenomeno americano degli anni cinquanta denominato "Maccartismo", di cui egli stesso fu vittima insieme ad altri membri del mondo del cinema e dello spettacolo di allora come Walt Disney, Charlie Chaplin,  Elia Kazan, accusati di svolgere attività antiamericane e costretti in molti casi, pur essendo estranei alle accuse, ad autodenunciarsi come spie comuniste.
Nel 1996 Miller firmerà la sceneggiatura di un film tratto da Il Crogiuolo, che in Italia uscirà con il titolo "La seduzione del male". Il film, che nel cast vede come attori Winona Ryder e Daniel Day-Lewis, ottiene due nominations agli Oscar, tra cui quello per la migliore sceneggiatura.

 

Raffaele Latagliata

 

 

13, 20 e 27 ottobre, 17 e 24 novembre e 1 dicembre 2014

I lunedì del d’Arco

SHAKESPEARE 450

LETTURE DRAMMATIZZATE E MESSINSCENE TEATRALI PER IL
450o ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI WILLIAM SHAKESPEARE

dal 30 ottobre al 31 dicembre 2014

LA SCUOLA DELLE MOGLI

di Moliére
Traduzione di Luigi Lunari
Regia di Mario Zolin

L’AUTORE

Jean Baptiste Poquelin (in arte Molière) era figlio di un ricco commerciante che avrebbe voluto farne un avvocato. Molière, invece, era irresistibilmente attratto dal teatro.
Nel 1643 lasciò la famiglia, fondò la compagnia dell’Illustre Theatre e girò la provincia francese con alterna fortuna. Il successo arrivò dal 1658 in poi, dopo essersi attirato la simpatia e la protezione di Luigi XIV, che apprezzava molto la sua arte. Di tale favore si fece forza per attaccare dalla scena gli aspetti più detestabili della società a lui contemporanea: la trionfante ipocrisia, la falsa pietà religiosa, i vuoti snobismi intellettuali.
Naturalmente si attirò l’odio di nemici potenti, ma non abbandonò mai il suo teatro e morì in scena nel 1673 durante la rappresentazione del Malato Immaginario.
Anche se nelle sue opere non è evidente un intento moraleggiante, il giudizio di Molière sulla società del tempo è negativo e da qui nasce la sua comicità, che lascia sempre trasparire un velo d’amarezza. In Molière la risata è anche la chiave per scoprire tante verità.

 

L’OPERA

“L’Ecole des Femmes” (La scuola delle mogli) andò in scena la prima volta il 26 dicembre 1662 al Palais Rojale di Parigi.
“Se sposo un’oca è per non essere fatto becco”, dice Arnolfo a Crisalda, la voce della ragione.
Arnolfo è un uomo celibe, benestante, che incarna la vanità del borghese che vuole apparire nobile. Per lui la disgrazia peggiore per un uomo è quella di essere tradito dalla propria moglie. Avendo deciso di sposarsi, è dunque ossessionato dall’idea che possa capitare anche a lui. È convinto che solo la donna educata, istruita, economicamente indipendente sia in grado di tradire e per questo vuole sposare una giovane semplice e ingenua, allevata in un convento.
La sua tranquillità e la sua sicurezza sono però destinate a sgretolarsi pian piano…
L’amore va oltre ogni ragionamento e l’istinto insegna ciò che non è stato insegnato.
Questa è la scuola delle mogli o, più genericamente, delle donne!
La commedia è una critica dell’alta società francese del XVII sec., dove la donna, soprattutto nel matrimonio governato dall’autorità del capo famiglia, era completamente soggetta all’uomo, ma spesso si concedeva delle “evasioni”.
Ma siamo sicuri che questo lavoro sia solo un quadro d’epoca?
Anche oggi il tradimento è uno dei fantasmi che agitano la mente maschile e anche oggi è collegato all’emancipazione femminile e alla gelosia dovuta alla concezione dell’amore come possesso della donna.
Non se ne discute più liberamente come nei salotti parigini del XVII sec., ma piuttosto si sceglie la via del gossip o del silenzio che porta alla violenza e molto spesso alla tragedia.
Si può dunque dire che, come tutti i classici, “La scuola delle donne” trascende il tempo della sua scrittura e può avere ancora qualcosa da dire.

 

dal 10 gennaio all’1 febbraio 2015

PREFERIREI DI NO

di Antonia Brancati
Regia di Maria Grazia Bettini

L’AUTRICE

Antonia Brancati nasce il 6 maggio 1947 dallo scrittore Vitaliano Brancati e dall’attrice Anna Proclemer. Figlia d’arte, quindi, con un bellissimo pedigree, ha lavorato per anni in teatro svolgendo i ruoli più disparati: attrice, delegata alla produzione, aiuto regista, traduttrice, agente di testi teatrali.
Scrive commedie dal 1993 e "Preferirei di no", che narra la storia di un conflitto fra madre e figlia, viene messa in scena nel 1995 al Festival del Teatro di Taormina per la regia di Piero Maccarinelli proprio con Anna Proclemer e Fiorenza Marcheggiani. Si può dire che il legame tormentato nella vita tra la Proclemer e la figlia, che per anni non si sono parlate, sembra essere evocato sul palcoscenico nel confronto serrato e impietoso tra le due protagoniste.

 

L’OPERA

Teresa, la madre e Diana, la figlia. Due donne che non si vedono da vent’anni e che, in una notte di temporale, si incontrano forse per l’ultima volta. Teresa vive da tempo ritirata in un piccolo centro, arroccata nella sua torre d’avorio, lontana dai clamori del mondo. Diana, invece, con il padre, un uomo politico importante, un "leader" come lo chiama lei, in corsa per la carica di Presidente del Consiglio. È andata a ritrovare la madre proprio per estorcerle un’intervista compiacente che giovi all’immagine del padre. L’incontro tra le due donne è teso e conflittuale: nell’arco di una notte si diranno finalmente in faccia tutto l’odio e l’amore repressi da anni senza censure.

 

NOTE DI REGIA

La storia mi ha affascinato, non tanto per l’incontro tra una madre e una figlia dopo 20 anni di silenzio e dopo un episodio così drammatico come il ferimento del padre per opera della madre, ma per la forza di una donna che ha ritrovato sé stessa e non si sente obbligata, neppure da un legame naturale come quello con una figlia, a tornare ad una vita vuota fatta di falsità e conformismo. Una libertà femminile tanto difficile da raggiungere quanto fortemente desiderata da tutte quelle donne che vivono situazioni "costruite" di cui subiscono il peso della costrizione.
Ho reinterpretato la storia di questa relazione collocandola in un contesto immaginario: la madre/moglie vive sola e, forse, è ancora nella casa di cura dove è stata rinchiusa dopo il ferimento del marito. L’incontro dopo vent’anni con la figlia, che la cerca solo per ricreare un quadretto familiare utile al padre candidato alla Presidenza del Consiglio, è frutto, forse, della sua immaginazione. Nella sua mente provata ma lucida parla con quest’uomo che, in nome di un amore strumentale alla carriera politica, l’ha costretta a sopportare umiliazioni, tradimenti e falsità e incontra una figlia imbarazzante, che si è vergognata della debolezza della madre e l’ha cancellata dalla sua vita per diventare la copia del padre.
Ho immaginato, quindi, questi personaggi come fantasmi della mente, più o meno reali sulla scena, e la situazione ideata dall’autrice del testo come una seduta psicoanalitica.
Ho interpretato il finale proprio come una raggiunta libertà della donna, senza atti consolatori di riappacificazione con la vita precedente e i legami familiari; una libertà che le potrebbe permettere anche di tornare ad averli, ma solo alle sue condizioni, con amore e autenticità, non con false costruzioni o compromessi.

 

29 gennaio 2015

GIORNATA DELLA MEMORIA

Al Teatro D’Arco, gli attori della "Campogalliani"
leggeranno alcuni brani tratti dal libro di Frediano Sessi
"Non dimenticare l’olocausto".
Entrata gratuita fino ad esaurimento posti.

dal 20 febbraio al 23 aprile 2015

L’INCIDENTE

di Luigi Lunari
Regia di Maria Grazia Bettini

L’OPERA


Sullo spunto della celebre DIE HOSE (Le Mutande) di Carl Sternheim, la commedia sviluppa un intricato procedimento farsesco al cui centro sono una donna, innocente provocatrice, concupita da tutti, e suo marito, un piccolo impiegato di banca, disperatamente teso a far dimenticare al proprio direttore lo spiacevole episodio che potrebbe avere nefasti effetti sulla sua carriera. A scatenare il turbinio smaliziato di provocazioni e tentativi di seduzione è, appunto, “l’incidente” nel quale incorre la procace moglie del piccolo impiegato, che alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede della banca, alla presenza di tutti i dirigenti e delle autorità civili e religiose, perde inopinatamente le... mutande! Per quanto prontamente superato, l’incidente provoca strane curiosità e segrete voglie tra quanti vi hanno assistito. A colorare l’intera commedia si alternano una folta schiera di coloriti personaggi che strapperanno risate e divertimento.
La scoppiettante commedia fu scritta nel 1966 da Luigi Lunari e, seppur da lui considerata un suo "peccato di gioventù", costituisce il suo primo cospicuo successo, tanto da rimanere in cartellone per 103 sere al teatro Odeon di Milano, con l’inverecondo (ma efficace) titolo di PER UN PAIO DI MUTANDINE, con la regia di Carlo Colombo e la straordinaria interpretazione di due mattatori del teatro comico, quali Piero Mazzarella e Tino Scotti.


 


NOTE DELL’AUTORE


“L’INCIDENTE – nel piccolo elenco delle proprie opere che il sottoscritto divulga – viene definito “peccato di gioventù” e, assieme a ER PADRE DE LI SANTI, OVVERO I MONOLOGHI DEL CAZZO (etichettato a sua volta come “peccato di vecchiaia”), costituisce un binomio di cui l’Autore sembrerebbe un poco vergognarsi, e ammetterne l’esistenza a denti stretti e a collo torto. Tuttavia, allentando i denti e raddrizzando il collo, pur con tutte le arie che si dà per le sue opere più note, egli deve ammettere che L’INCIDENTE – per esempio – non è poi così male. È una farsa condotta con notevole abilità, con personaggi ben delineati, colpi di scena ben allocati, un minimo di significato “morale” nella denuncia di un maschilismo imperante, che alla fine soccombe sotto il buon senso, la rettitudine, la concretezza della donna: nel che è uno dei leitmotiv più evidenti del teatro del sottoscritto. Una prova della sua efficace qualità è il fatto che – scritta e varata nel 1966 – è a tutt’oggi in circolazione, e sembra anzi godere (2014) di una sorta di revival: è stata tradotta in russo, è andata in scena in Romania, sta per andare in scena in Albania, è programmata per la prossima stagione della gloriosa Campogalliani di Mantova, è oggetto di innumerevoli edizioni amatoriali, sia in lingua italiana che in questa o quella lingua regionale, e ora viene edita dall’attento Gerardo Mastrullo nel libretto che avete tra le mani.... Insomma, corre il rischio di essere tra le mie commedie più guadagnerecce e redditizie. Il che – trattandosi di un “peccato” – può anche essere sconcertante, ma è perfettamente in linea con una delle caratteristiche del nostro tempo, che remunera una peccatrice molto più di una casalinga, e un evasore fiscale molto più di un onesto contribuente. Il match Peccato /Virtù, sembra essere un match senza storia.


E questo potrebbe bastare: il testo è qui. Va preso per quello che è, e ... buon pro vi faccia!”


 


Luigi Lunari


(dalla prefazione al testo edito presso Book Time: cfr in Libri/Teatro/L’incidente)


 

9 marzo 2015

I lunedì del d’Arco

PUNTO DI VISTA DELLE DONNE

Al Teatro D’Arco, le Donne attrici della "Campogalliani"
leggeranno e reciteranno monologhi sul
"PUNTO DI VISTA DELLE DONNE".
Entrata gratuita fino ad esaurimento posti.

13 marzo 2015

Partecipazione al Concorso Sipario d’Oro 2015

LA DODICESIMA NOTTE

Presso il Teatro "Riccardo Zandonai" di Rovereto (TN)

 

13 marzo 2015

nell’ambito del
34º Festival Nazionale di Teatro Amatoriale – SIPARIO D’ORO 2015
ROVERETO (TN)
verrà proposta la commedia di

William Shakespeare

LA DODICESIMA NOTTE

ovvero

"QUEL CHE VOLETE"

Traduzione e riduzione teatrale di Luigi Lunari

Regia di Maria Grazia Bettini

 

 

NOTE DI REGIA

Ambientata nell’antica regione balcanica dell’Illiria la commedia, che dal 1600 ha riscosso grande successo in tutte le epoche, racconta una storia di amori e inganni, nella quale i gemelli Viola e Sebastian, a seguito di un naufragio, si trovano a conoscere il Duca Orsino e la dama Olivia. Orsino ama Olivia che ne ignora la corte, ma quando si trova davanti al messaggero di Orsino – la giovane Viola che dopo la perdita del fratello si è camuffata da uomo per entrare al servizio del Duca – se ne innamora, scatenando una serie di eventi e imprevisti che conducono al lieto fine. Una sottotrama vede protagonisti i personaggi che popolano la corte di Olivia: il giullare Feste, il maggiordomo Malvolio, la cameriera Maria, lo zio Sir Toby, il servo Fabian e Sir Andrew. Malvolio viene beffato dagli altri cinque che, falsificando una lettera, gli fanno credere di essere oggetto di attenzioni da parte della padrona Olivia.

 

25 aprile 2015

Spettacolo Ospite in collaborazione con
Compagnia M0’ ... SI RECITA di Modena

UOMO E GALANTUOMO

di Eduardo De Filippo
Regia di Carlo Cammuso

8 - 9 - 10 maggio 2015

SILENZI DI PIANURA, PAROLE DI FIUME
SPETTACOLO CELEBRATIVO DEL POETA UMBERTO BELLINTANI

UN GORGO DI TERRA

di Angelo Lamberti
Regia di Maria Grazia Bettini

ANGELO LAMBERTI

Come lui stesso ama raccontare di sé, Angelo Lamberti nacque il 4 Novembre 1942 nel ’Cimitero di Casteldario’ (MN) dove ha vissuto per sedici anni. Cominciò il proprio percorso artistico come drammaturgo: le sue opere teatrali sono state pubblicate su Sipario, sono state rappresentate in Italia e a New York, ottenendo riconoscimenti di rilievo. Dietro consiglio del poeta Bellintani ’dal 1998 ha dissotterrato dal cassetto le sue poesie’ pubblicando sette raccolte, recensite favorevolmente e vincitrici di premi importanti.
Si è sempre sentito ’figlio adottivo’ di Umberto Bellintani e proprio per questo motivo ha scritto ’Un gorgo di terra’ ispirandosi ad alcuni episodi della vita del poeta.

La Compagnia Campogalliani di Mantova ha ritenuto importante mettere in scena le parole dei due autori legati dal filo della poesia della nostra terra.

 

Il Dramma è idealmente ispirato alla vita del poeta Umberto Bellintani, nato nel maggio del 1914, in un piccolo borgo della pianura padana dal nome inquietante: Gorgo.
Tolti gli anni giovanili, in cui frequenta la Scuola d’Arte di Monza, e quelli immediatamente successivi, in cui combatte nell’ultima guerra mondiale (dapprima sul fronte greco-albanese e in seguito prigioniero dei nazisti a Dachau), Bellintani vive quasi interamente il tempo della sua vita a Gorgo.
È un incontro determinante: gorgo come origine e come destino, gorgo come nomen omen… Esperienza che non può che riflettersi nell’opera poetica dell’autore, dove, come si osserverà, i gorghi non mancano, anzi si moltiplicano, rincorrendosi.
Si tratta, inizialmente, semplicemente, quasi in modo referenziale, dei mulinelli che si creano nell’acqua, nel corso del Po, quando, all’altezza di San Benedetto, il grande fiume lascia le terre delle grandi anse per approssimarsi alla foce.
Questi mulinelli di fiume hanno anche, banalmente, forma di vortice, che è una tipica struttura della catabasi e che, quindi, è un’invocazione di morte a ogni passo, a ogni giro.
“Gorgo” è, come si ricorderà, metonimia della morte anche nella sua occorrenza letteraria italiana più famosa, in Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1950) di Cesare Pavese.
Tuttavia, nel gorgo della morte si scende - apparentemente - “muti”, in Pavese: non così in Bellintani, il quale fa del confronto con la morte un motivo di grande eloquio, di evocazione ossessiva e di costruzione di vari topoi, come quello del funerale o della tomba, raggiungendo per questo cammino dei suoi culmini espressivi, in Al tuo amore (Paria, Mondadori, 1955).
Raggiunge i maggiori consensi letterari negli anni che vanno dal 1953 al 1963, dopodiché si isola volontriamente, sino a far cadere il suo nome nel completo oblio.
La morte lo raggiunge nell’ottobre 1999.
I personaggi di Giona e Herman sono liberamente ispirati a due periodi della sua esistenza, come spunto per una storia inventata…