- Quistello
- domenica 24 agosto 2025
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Le donne hanno sin dall’antichità contribuito in maniera significativa allo sviluppo della scienza. Ecco alcune storie raccontate in prima persona dalle protagoniste.
La storia delle donne nella cultura e nella vita civile è stata una storia di emarginazione fino alla fine dell’Ottocento e in gran parte ancora fino alla metà del Novecento, almeno nei paesi industrializzati. In molti paesi in via di sviluppo, salvo rare eccezioni, le donne sono ben lontane non solo dall’aver raggiunto la parità con l’altro sesso, ma anche dal vedere loro riconosciuti i più elementari diritti di esseri umani. Quali possono essere le cause di questa situazione che risale indietro nei secoli? Forse già nelle epoche preistoriche, la forza fisica necessaria per sopravvivere, le numerose gravidanze e il lungo periodo di allattamento e di cura della prole hanno portato alla differenziazione dei compiti. Oggi, i progressi della scienza e della medicina, e le conseguenti applicazioni tecnologiche hanno annullato la condanna biblica - uomo lavorerai con fatica, donna partorirai con dolore - almeno nei paesi industrializzati.
Per secoli le donne che potevano avere accesso all’istruzione erano quelle rinchiuse nei conventi. Forse per questo le donne che sono emerse nel passato erano soprattutto umaniste, pittrici, scrittrici, poetesse, ma molto più raramente scienziate. Infatti, chi ha attitudini artistiche o letterarie può emergere anche senza una preparazione specifica, mentre le scienze, e in particolare le cosiddette scienze “dure” come matematica e fisica richiedono una preparazione di base, senza la quale è quasi impossibile progredire. Solo quelle poche favorite dall’avere un padre, un fratello o un marito scienziato disposto a condividere le proprie cognizioni, potevano farsi una cultura scientifica. Basta ricordare che ancora all’inizio del XX secolo in molti paesi europei alle ragazze era precluso l’accesso alle università ed anche ai licei.
Perciò le donne, escluse dalle università, escluse dall’educazione scientifica, sono emerse là dove potevano emergere. Così è sorto il pregiudizio secondo cui le donne sarebbero più adatte alle materie letterarie e linguistiche che non a quelle scientifiche. Le stesse ragazze crescono in mezzo a questi pregiudizi e se ne lasciano influenzare, e scelgono le facoltà umanistiche anche contro le loro naturali inclinazioni, contribuendo così a rafforzare i pregiudizi stessi. Comunque, oggi cresce sempre di più il numero di ragazze che scelgono materie ritenute tipicamente maschili come ingegneria.
Malgrado le difficoltà incontrate, non sono poche le scienziate che hanno portato importanti contributi allo sviluppo della scienza. La storia ci tramanda i nomi di alcune famose scienziate. Ce ne furono una ventina nell’antichità, fra cui emerge il nome della matematica Ipazia; solo una decina nel medioevo, soprattutto nei conventi, quasi nessuna tra il 1400 e il 1500, 16 nel 1600, 24 nel 1700, 108 nel 1800. Oggi solo nel campo dell’astronomia sono più di 2000, ed in ogni campo dei sapere le ricercatrici universitarie superano il 50%, con punte ded’80% nelle facoltà umanistiche, del 60% in quelle di scienze biologiche, dal 30 al 40% nelle scienze abiologiche, più dei 50% nelle matematiche, mentre sono ancora al di sotto dei 20% in facoltà come ingegneria e sebbene oggi i contributi delle donne alla scienza vengano riconosciuti, resta il fatto che le scienziate per emergere devono generalmente lavorare di più dei loro colleghi e devono ancora superare numerosi pregiudizi, che, contrariamente a quanto si crede, sono maggiori nei paesi anglosassoni che non in quelli latini.