Tradizione vuole che, in punto di morte, Virgilio abbia chiesto con insistenza la distruzione della sua opera incompiuta, il poema epico che ancora non si chiamava Eneide. Ma il poema era una straordinaria celebrazione di Roma e del suo mito, bella nella sua incompiutezza: Vario Rufo, poeta a sua volta e amico di Virgilio, non obbedì alla richiesta ed ebbe da Augusto l’incarico di curare la pubblicazione dell’Eneide così come Virgilio l’aveva lasciata. È per una disobbedienza alla volontà di un amico defunto che il poema è giunto a noi attraverso venti secoli, con l’occasionale verso imperfetto, con qualche incoerenza, con le sue asimmetrie narrative e con un eroe cui forse – forse! – l’autore non ha fatto in tempo a instillare, a completamento delle virtù romane, la scintilla vitale. I latinisti si sono interrogati a non finire sul brusco finale del Libro XII, e innumerevoli generazioni di studenti ginnasiali, me compresa, hanno storto il naso davanti al Pio Enea, più paradigma di obbedienza e abnegazione che essere umano. Rileggendo il poema con occhi adulti, e con la libertà e il gusto di cui non avevo beneficiato sui banchi di scuola, mi sono trovata a meditare, più che sulle vicende di Enea e dei suoi, su ciò che Virgilio non ebbe tempo di compiere prima di morire. La tentazione di considerare la gelida caratterizzazione di Enea un difetto da prima stesura era irresistibile – e non ho resistito. Il mio Virgilio, che torna nei sogni di Vario Rufo per deciderlo a bruciare il manoscritto incompiuto, non si preoccupa tanto dell’imperfezione dei versi, quanto di non avere avuto il tempo di tratteggiare compiutamente i significati e i messaggi che voleva nella sua opera. Ma a complicare il dilemma di Vario, lacerato tra la lealtà all’amico e l’ammirazione per il poema, irrompono nel sogno i personaggi dell’Eneide – non l’eroe eponimo e vincitore, ma gli sconfitti: Creusa, Turno e Amata, colmi di risentimento e certi che solo la distruzione del manoscritto li libererà dalla sorte cui Virgilio li ha condannati. Ed ecco che la lotta per il rogo dell’Eneide diventa una metafora per l’intrecciarsi di arte e vita, dovere e istinti primari, libero arbitrio e destino, amore, sconfitta, giustizia e memoria – in una parola, l’umanità.
Difficilmente la questione di che cosa davvero mancasse al compimento dell’Eneide troverà una risposta inoppugnabile. Dove storiografia e filologia non possono giungere, tuttavia, al teatro è consentito tessere, con la richiesta di Virgilio, i dubbi di Vario e la volontà di Augusto, una riflessione sul rapporto tra l’autore e la sua opera.
Chiara Prezzavento
Dopo il successo dei primi tre incontri dedicati all’epoca risorgimentale e alle origini della famiglia Campogalliani, oggi alle 21al Teatrino d’Arco di Mantova si terrà il quarto appuntamento con I Lunedì del d’Arco che riguarderà la Mantova antica. «Ovviamente non si poteva dimenticare il sommo poeta della latinità, Publio Virgilio Marone, che ebbe i natali nell’antica Andes sulle rive del Mincio - evidenziano gli organizzatori - ricordandolo però non da autore ma da protagonista attraverso uno scritto teatrale contemporaneo di Chiara Prezzavento: un atto unico dal titolo Il testamento di Virgilio». La pièce fu rappresentata con grande successo per un numero limitato di spettatori lo scorso ottobre nella prima sala della Biblioteca Teresiana in occasione delle manifestazioni per Mantova Capitale Italiana della Cultura 2016, sezione dedicata all’antichità, nell’ambito delle quali la storica compagnia mantovana fu presente con proprie iniziative per tutte le aree di eventi. Gli interpreti dello spettacolo di questa sera al Teatrino d’Arco, che porta la firma registica di Maria Grazia Bettini, sono: Diego Fusari, Andrea Flora, Mario Zolin, Rossella Avanzi, Riccardo Fornoni, Adolfo Vaini, Francesca Campogalliani, Stefano Bonisoli, Valentina Durantini, Anna Bianchi, Chiara Benazzi, Melissa Carretta, Alessandra Mattioli, Annalaura Melotti e Serena Zerbetto. I costumi sono stati ideati da Francesca Campogalliani e Diego Fusari, le musiche originali composte da Stefano Gueresi, le luci curate da Giorgio Codognola, il sonoro da Nicola Martinelli, i movimenti coreografici da Selene Gola e la direzione scenica è di Lorenza Becchi. Lo spettacolo è ad ingresso gratuito.